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Una nuova mostra celebra le opere e la vita dell’artista folk Bill Traylor, con il supporto di uno dei suoi più grandi fan: Jerry Lauren
Jerry Lauren ricorda perfettamente il suo primo contatto con le opere dell’artista folk Bill Traylor, avvenuto circa 25 anni fa. Come molti collezionisti, Lauren e sua moglie Susan, oggi defunta, si divertivano a setacciare le aste di antiquariato e le fiere d’arte locali nei pressi di Colebrook, Connecticut, la cittadina della Contea di Litchfield dove possedevano una casa del 1785, nella quale si recavano nei weekend. Gradualmente, i Lauren avevano accumulato una notevolissima collezione di opere d’arte folk: banderuole in rame, modellini di carri, caraffe in grès e anatre esca in legno, che celebravano il loro amore per l’autentico stile americano.
Poi, un giorno, un rivenditore fidato mostrò loro qualcosa di nuovo: un rudimentale dipinto su cartone raffigurante un uomo che fumava un sigaro con indosso una camicia verde e un cappello a cilindro nero e in mano un bastone. Lauren fu subito incuriosito da quell’anonima figura a passeggio, e ancora di più dal suo autore. “Chi è questa persona?”,domandò.
Jerry Lauren era attratto dalla vivacità e dal forte contrasto del dipinto (“Il suo uso del colore è una sorta di religione”, afferma), ma quando venne a conoscenza della storia di Traylor – era nato in schiavitù a Montgomery, Alabama, aveva iniziato a dipingere all’età di 85 anni, appena dieci anni prima della sua morte, e molte delle 1.500 opere conosciute di Traylor sono state realizzate su vecchie scatole di cereali e caramelle utilizzando matite di scarto e tempere offerte in dono nel periodo in cui Traylor era un senzatetto – ne fu completamente conquistato. Pezzo dopo pezzo, continuò a incrementare la sua collezione, con un’attenzione particolare verso le opere più vivaci. Venticinque anni dopo, Lauren possiede quella che può ragionevolmente essere considerata la collezione privata di opere di Traylor più importante al mondo – cani da combattimento, uomini eleganti, figure che saltano, forme astratte – che ora espone nel suo appartamento nell’Upper East Side.
“Non sono solito vantarmi di me stesso, ma della mia collezione?Assolutamente sì”,afferma Lauren, ridendo. “Oggi possiedo 20 opere di Traylor, e sono tutte degne di un posto in un museo”.
E difatti, dieci di queste opere hanno trovato una sistemazione temporanea presso lo Smithsonian American Art Museum, all’interno della mostra Between Worlds: The Art of Bill Traylor, la prima grande retrospettiva mai allestita per un artista nato in schiavitù. La mostra, in programma fino al 17 marzo 2019, è stata organizzata da Leslie Umberger, curatrice di arte folk e arte autodidatta presso lo Smithsonian American Art Museum. La mostra è il compimento di un percorso lungo sette anni che mira a riassumere l’opera del prolifico artista autodidatta in 155 pezzi rappresentativi, organizzati in base a temi ricorrenti quali “I cani”, “Bevitori e ballerini”, e “Magia folk, sogni e trasformazione”(altre due opere della collezione di Lauren sono presentate in una monografia di accompagnamento, pubblicata all’inizio di quest’anno).
Come spiega Umberger, il titolo Between Worlds fa riferimento alla grande diversità di esperienze e condizioni che Traylor ha attraversato nel corso della sua vita: schiavitù e libertà, cultura nera e bianca, vita rurale e urbana. Come molti ex schiavi, Traylor non ha mai imparato a leggere o a scrivere, pertanto le sue opere sono, come le definisce Umberger, una storia orale in forma visiva, che termina alle soglie del movimento per i diritti civili.
“L’intenzione di Traylor era quella di costruire una testimonianza di se stesso, raccontare la propria storia, che era di per sé un atto sovversivo”, spiega Umberger, “poiché c’erano un buon numero di persone nella Montgomery segregata che non sopportavano neppure l’idea che potesse tenere in mano una matita, figuriamoci esprimere un punto di vista personale. In un’epoca in cui qualsiasi violazione dell’etichetta sociale poteva costare la vita, realizzare disegni che esprimessero la propria individualità, beh, era qualcosa di pericoloso”.
Secondo Lauren, proprio quel coraggio, insieme all’utilizzo di allegorie e simbolismi per esplorare l’esperienza afro-americana, dalle piantagioni al Sud delle leggi Jim Crow, collocano Traylor tra le figure più importanti nella storia dell’arte contemporanea statunitense. Umberger riconosce a Lauren di aver contribuito in modo significativo a presentare l’intera storia di Traylor per la prima volta. “Jerry è stato una risorsa importante”, afferma. “Alcune delle opere che possiede sono state assolutamente fondamentali”.
Naturalmente, Lauren è stato lieto di mettere la propria collezione a disposizione dello Smithsonian e di illuminare la figura di un artista il cui contributo al mondo dell’arte è stato troppo a lungo sottovalutato. “Traylor ha portato il mio amore per l’arte folk a un nuovo livello”, afferma, “anche se io odio quel termine: si tratta di arte americana. L’ampiezza della sua produzione testimonia un’enormità di idee creative. Il modo in cui utilizzava le forme, catturava le posizioni, ritraeva le sagome, quasi come figure danzanti, è miracoloso”.
Lauren, tuttavia, ha provato una certa apprensione all’idea di rimanere senza le sue opere preferite fino alla primavera del prossimo anno. Fortuna ha voluto che ciò non accadesse, grazie agli enormi sforzi del museo per creare riproduzioni fotografiche esatte, che sono state montate, incorniciate e appese negli stessi punti delle opere originali nel suo appartamento di Manhattan.
“Leslie è venuta a trovarmi diverse volte e ha detto, ‘Voglio prendere in prestito questa, questa, questa e questa’. Io le ho risposto, ‘Vivo con loro tutti i giorni. Mi sveglio con loro e vado a dormire con loro!’” ricorda Lauren con un sorriso. “Ma le riproduzioni sono fantastiche. Senza di loro, sarei morto. Hai presente le situazioni del tipo, ‘I bambini sono in campeggio!Quando tornano a casa!?’”
Between Worlds: The Art of Bill Traylor — la prima grande retrospettiva mai organizzata per un artista nato in schiavitù – è in programma fino al 17 marzo 2019 presso lo Smithsonian American Art Museum a Washington.
- Blacksmith Shop, di Bill Traylor, Ca. 1939–1940, matita su cartone
- The Metropolitan Museum of Art, New York, regalo di Eugenia e Charles Shannon. Copyright immagine © The Metropolitan Museum of Art. Fonte immagine: Art Resource, NY19
- Per gentile concessione di Getty Images